
Lavori edili ed impiantistici: l’applicazione del Titolo IV e la sentenza della Cassazione penale
2015. Ci troviamo in una palazzina nei pressi di Torino con gli appartamenti in locazione finanziaria ed utilizzati come uffici da una compagnia assicuratrice. Seguendo ciò che venne dichiarato ai giudici, una parte di palazzina era stata oggetto di un ulteriore contratto preliminare di locazione da parte della società, che aveva concesso l’ingresso ai locali al fine di poter iniziare i lavori.
Da quanto emerge dalle sentenze di primo e secondo grado, l’intero complesso, compresi gli appartamenti oggetto di contratto di locazione, furono soggetti a lavori di ristrutturazione sia per l’impianto di condizionamento sia per quello elettrico.
Infortunio sul lavoro: la dinamica
A fine settembre 2015 i lavori erano pressoché terminati e non c’erano maestranze presenti all’interno della palazzina.
Il titolare dell’impresa edile che aveva svolto i lavori di muratura e REI mandò un dipendente a ritirare una scala che sarebbe servita altrove.
Parlando con altre maestranze presenti in cantiere, si scoprì che la scala di alluminio era servita per far passare le tubazioni dell’impianto di condizionamento e si trovava in un cavedio raggiungibile da una piccola porta di un bagno al piano primo.
La pavimentazione del cavedio era costituita da pannelli di cartongesso, non illuminata e palesemente non idonea a sostenere il peso di una persona.
La persona incaricata di recuperare la scala, ignaro della costituzione labile del pavimento in quanto nessuno lo aveva informato, si inoltrò nel cavedio senza trovare alcun ostacolo o segnalazione, facendosi luce con la torcia del cellulare.
Mentre tornava indietro la struttura cedette e l’uomo cadde per oltre 5 metri, precipitando al piano di sotto e riportando gravi lesioni.
L’iter processuale
Il locatario, cioè il legale rappresentante della società di assicurazioni, venne accusato di aver provocato l’infortunio in quanto committente che non avesse provveduto a nominare un coordinatore per la sicurezza che avrebbe redatto il piano di sicurezza e coordinamento.
L’accusa fu di cooperazione colposa con il datore di lavoro dell’impresa impiantistica: il committente fu condannato dalla Corte di appello di Torino a 20 giorni di reclusione, condizionalmente sospesi.
Il committente presentò immediato ricorso con una strategia difensiva che prendeva in considerazione il Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008.
Più in particolare se ne sottolineava l’erronea applicazione in quanto nel cavedio dovevano passare solo i tubi in rame dell’impianto di riscaldamento fissati solo con qualche tassello e quindi, tra i lavori espressamente esclusi dall’art. 88 comma 2 lett. g-bis del decreto e, inoltre, i lavori di costruzione dei muri REI, erano stati commissionati all’impresa impiantistica dall’azienda locataria.